Pubblicato il 10 Novembre 2020
La crisi scatenata dalla pandemia, oltre alle dirompenti ripercussioni sanitarie, ha messo in discussione certezze, saperi e stili di vita che ritenevamo consolidati, richiedendo ai decisori politico-economici di mettere a punto soluzioni a nuovi problemi, imponendo la necessità di immaginare nuovi scenari, di trovare nuove opportunità dentro un contesto di complessità e imprevisti.
Creatività e capacità di inventare sono doti che hanno contraddistinto il popolo italiano per secoli. Italiani illustri hanno dato prova di sé nel corso dei secoli come scienziati, creativi, visionari.
Sempre più spesso però dobbiamo prendere atto di una difficoltà di mettere in pratica buone idee, una certa fatica di realizzazione. Il talento creativo non sempre riesce a tradursi in atto pratico concreto.
Per la maggior parte si attribuisce la difficoltà di tradurre in atto pratico le azioni progettate alla mancanza di fondi; altri si trincerano dietro la complessità della macchina burocratica e organizzativa italiana; qualcuno riconduce il problema a incompetenza o mancanza di programmazione.
In un fondo pubblicato sul Sole24Ore Sabato 7 novembre Enrico Pisino, past president del Cluster e attuale Ceo del Competence Center CIM4.0, pone l’attenzione sul fatto che il modo in cui il nostro Paese sta affrontando questa seconda fase della pandemia, denota una mancanza di “competenze sistemiche”. Il contesto negli ultimi anni – spiega Pisino – è profondamente cambiato “non esistono più i settori o gli ecosistemi indipendenti, tutto è interconnesso per cui è la capacità di pensare e operare a livello di sistema, che può fare la differenza”.
L’approccio da sistemista dovrebbe sostituirsi alla logica dello “scaricabarile nell’identificare cosa non ha funzionato” a cui oggi invece si ricorre per la maggior parte, per trovare soluzioni che sono frutto di “interconnessione fluida di azioni e responsabilità”.
E proprio alla luce della situazione che si sta delineando in questi giorni, alle prese con una seconda forte ondata di contagi, si deve prendere atto che purtroppo quello che doveva essere in primavera-estate il tempo della programmazione, il momento di “pensare e agire come sistema” per essere pronti a gestire il cambiamento, invece è stato un tempo di discussioni e confronti infruttuosi, è mancata la capacità di “osservare i problemi a 360 gradi”.
Ciò di cui si avverte pesantemente la mancanza, soprattutto in questa fase così difficile – sottolinea Pisino – è “una formazione continua su tecnologie digitali e metodologie applicative”. Ciò di cui il nostro Paese ha bisogno è “una formazione continua mirata all’articolazione delle competenze, collocando le azioni degli stakeholder in un pattern sistemico”. Serve un “nuovo modello, che garantisca a grande velocità, la formazione continua dei lavoratori”.
L’auspicio conclude Pisino – è che l’Italia torni “leader dell’approccio sistemico, che ha fatto la fortuna di molte nostre imprese, e affrontare da leader le sfide definite dall’Europa”.