Pubblicato il 12 Dicembre 2016
La comunità scientifica italiana ha istituito ufficialmente una Joint Research Unit (Jru), un accordo di collaborazione siglato da quindici istituti, centri e università che si impegnano a sostenere e promuovere la partecipazione italiana in Icos-Ri (Integrated carbon observation system – Research infrastructure), un dipartimento europeo di ricerca che conta 11 Paesi membri e più di 100 stazioni di rilevamento per monitorare e misurare il ciclo del carbonio, l’impatto ambientale e la concentrazione dei gas serra in Europa e zone limitrofe.
Quella raggiunta è una tappa molto importante che vede i principali protagonisti della ricerca italiana sui cambiamenti climatici impegnarsi formalmente a condividere competenze, dati e sistemi necessari al loro processo e utilizzo in attività scientifiche e divulgative.
La concentrazione di CO2 in atmosfera non è mai stata così alta. Emerge dai dati dell’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) relativi al 2015. I valori hanno superato quei 400 ppm (parti per milione) che rappresentano un punto critico per i cambiamenti climatici, le loro cause e i loro impatti.
Nell’ambito di Icos-Ri, l’Italia partecipa con le stazioni di osservazione e rilevamento dati per l’atmosfera (con i siti di Monte Cimone, Lampedusa, Potenza e Plateau Rosa), gli ecosistemi (con i siti di Castelporziano, Borgo Cioffi, Renon, Negrisia, Monte Bondone, Capodimonte, Arca di Noè, Bosco Fontana e Torgnon) e gli oceani (siti di Miramare, Paloma, E2M3A nel mare Adriatico e W1M3A nel mar Tirreno). Si tratta di una partecipazione di primo piano nella rete europea, che è evidenziata anche dalla guida italiana dell’Ecosystem Thematic Centre – Etc (ospitato a Viterbo presso l’Università degli Studi della Tuscia ed il Cmcc), il centro verso cui confluiscono tutti i dati dei siti ecosistemici di Icos-Ri e che è responsabile del processamento e del controllo qualità dei dati, degli sviluppi metodologici, della formazione e del coordinamento della rete.
Per quanto riguarda l’Italia l’accordo di collaborazione per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo nel campo delle infrastrutture di ricerca sul ciclo del carbonio è coordinato dal Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del Cnr.
Oltre al Consiglio nazionale delle ricerche partecipano al progetto: la Fondazione Cmcc – Centro Euro-Mediterraneo sui cambiamenti climatici, l’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (Crea), l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (Enea), l’Agenzia regionale per la protezione ambientale (Arpa) della Val d Aosta, la Provincia Autonoma di Bolzano, Fondazione Edmund Mach (Fem), l’Università degli Studi di Sassari, l’Università degli Studi di Padova, l’Università degli Studi di Genova, l’Università Cattolica del Sacro Cuore, l’Istituto nazionale oceanografia e di geofisica sperimentale (Ogs), la Libera Università di Bolzano e l’Università degli Studi di Udine.