Pubblicato il 29 Settembre 2022
Il mondo post-24 febbraio; l’hard-power in Europa e nel Mediterraneo; le rotte delle materie prime e i loro vettori; nuove direttrici di traffico globali e regionalizzazione; fermare la disgregazione della sponda sud del Mediterraneo; shipping nel e attraverso il Mediterraneo.
Questi i principali argomenti al centro dell’incontro che ha aperto l’edizione 2022 di Port&Shipping Tech, Main Conference della Naples Shipping Week, dedicata al confronto tra professionisti sulle innovazioni tecnologiche orientate a favorire lo sviluppo del sistema logistico e marittimo.
In the Med (and the world) il titolo del focus che ha fatto il punto sulla delicata situazione geopolitica venutasi a creare dopo il 24 febbraio 2022, con la guerra tra Russia e Ucraina che ha ulteriormente complicato lo scenario globale già condizionato dalla contrapposizione Usa-Cina che sta avendo ripercussioni anche sui traffici globali e le catene di approvvigionamento delle materie prime.
Quale sarà il ruolo del Mediterraneo nel nuovo equilibrio che nascerà dalla guerra e, soprattutto, quale ruolo potrà ritagliarsi l’Italia nel Mediterraneo? Riuscirà a far pesare non solo la sua collocazione geografica ma, auspicabilmente, anche il proprio peso geopolitico ed economico?
La discussione è partita da un’analisi tracciata dal giornalista Dario Fabbri, sui possibili scenari che caratterizzeranno il mondo post-guerra, con l’isolamento della Russia in Europa che la porterà presumibilmente verso un abbraccio pericoloso con la Cina, che ha delle mire espansionistiche verso la regione della Siberia.
Per l’Italia, il riassetto delle strategie di rifornimento energetico potrebbe significare l’opportunità di trasformarsi in un hub di smistamento verso il resto d’Europa degli idrocarburi che arrivano dai Paesi del Nord Africa, del Medio Oriente e dell’Asia centrale.
L’Italia potrebbe giocare un ruolo chiave anche nel processo di governo della disgregazione dei Paesi della sponda Sud del Mediterraneo – ha spiegato Giuseppe Manna, analista geopolitico, Storie D’Oltremare – magari in collaborazione con altri Paesi che hanno una collocazione strategica in quest’area come Francia e Spagna. Tema particolarmente importante perché la stabilità nei Paesi del Nord Africa è fondamentale per un Paese come l’Italia, legata al Mediterraneo in maniera imprescindibile, visto che il 20% del commercio mondiale passa attraverso i mari intorno all’Italia e senza il Mediterraneo il nostro Paese probabilmente morirebbe di fame e di freddo.
Certamente per riuscire a ritagliarsi questo ruolo strategico è necessario che l’Italia risolva alcune criticità determinate dall’evolversi dello scenario internazionale, che ha profondamente impattato sugli assetti economici del nostro Paese.
Da queste premesse ha preso avvio l’intervento di Ennio Cascetta, presidente del Cluster Trasporti, che ha evidenziato come il contesto di grande incertezza venutosi a determinare negli ultimi anni (non solo con la guerra Russia-Ucraina) abbia messo in crisi il sistema di approvvigionamento delle materie prime e il ruolo del trasporto marittimo nel nostro Paese.
Una crisi che significa cambiamenti rapidi, il che potrebbe rappresentare anche un’opportunità. A condizione però che il nostro Paese possa dimostrarsi resiliente. Possiamo definire l’Italia un Paese resiliente? Purtroppo – ha sottolineato Cascetta – essere resilienti implica la capacità di agire rapidamente e di avere il controllo sugli asset strategici e da entrambi questi punti di vista l’Italia presenta delle forti lacune.
L’economia dell’Italia si regge sull’import-export: siamo un Paese che importa materie prime ed esporta prodotti trasformati, non produciamo materie prime, trasformiamo.
Le uniche variabili macroeconomiche che nel 2021 sono sopra i livelli 2009 sono export (+10,8% anche nel primo semestre 2022 rispetto al 2021) e import nazionale. Certamente pesano su questa situazione enormi incertezze all’orizzonte: spinte inflazionistiche su beni energetici, politiche monetarie restrittive, contingentamenti di commodities e materiali, tensioni geopolitiche e conflitti, l’incognita della situazione sanitaria.
Certamente importiamo di più rispetto a quanto esportiamo. Esportiamo pochissime materie prime, essenzialmente lavorati del petrolio, mentre importiamo moltissime materie prime, per il 70% dal mare.
Nello scambio di materie prime l’Europa perde moltissimo, mentre vedono crescere la loro fetta di mercato Africa e Oriente come zone da cui importiamo le materie prime.
Secondo le previsioni, i valori dei baskets su beni energetici e prodotti di lavorazione dovrebbero continuare a salire per tutto il 2022 e solo nel 2023 dovrebbero subire un rallentamento, comunque a valori ben superiori al pre-pandemia, causati prevalentemente dal rallentamento economico globale e quindi dalla riduzione della domanda di materie prime e altre commodities.
Su un’economia con queste caratteristiche pesa moltissimo la profonda incertezza determinata dalla persistenza di scenari di guerra proprio nelle zone di provenienza delle materie prime, non solo l’Ucraina, ma anche i Paesi del Nord Africa e dell’Africa sub-sahariana. Incertezza che fa salire i prezzi delle materie prime e fa aumentare, anche del 30-40%, i costi del trasporto. Questo avviene – sottolinea Cascetta – dal momento che l’asset dei trasporti per lo più non è sotto il controllo di imprese italiane: per quanto riguarda il trasporto su strada solo il 20% è controllato da aziende italiane, il 40% del trasporto Ro-Ro.
Non abbiamo il controllo dei grandi player nazionali, quindi è difficile prendere provvedimenti per affrontare questa situazione con strumenti adeguati. A differenza di quanto avviene ad esempio in Francia. Per mitigare il caro noli (nella fattispecie sul segmento container) e le pressioni inflazionistiche, e quindi sostenere la competitività delle aziende francesi, CMA CGM – compagnia nazionale francese – ha deliberato di scontare per un anno di 750 euro le tariffe per il trasporto marittimo dei container da 40 piedi imbarcati sulle navi dei propri servizi e importati in Francia da tutti i clienti transalpini introducendo anche uno sconto di 100 euro per tutti i container da 40 piedi esportati da clienti francesi.
Alla luce di questa situazione – ha ribadito Cascetta – è necessario promuovere campioni nazionali nei settori del trasporto merci e della logistica in grado di competere con gli altri vettori globali (le nostre merci sono trasportate da altri) e con la possibilità, senza mettere in discussione la redditività di un’azienda privata, di proteggere gli interessi nazionali di fronte a shock globali.
Inoltre, l’incertezza geopolitica di alcune aree globali unita all’aumento dei costi e dell’inaffidabilità dei trasporti internazionali dovrebbe accelerare i fenomeni di re-shoring, near-shoring e friend-shoring.
Da un’indagine di Banca d’Italia condotta nella primavera di quest’anno emerge che circa il 20% delle imprese intervistate sta valutando la sostituzione dei fornitori esteri con fornitori dall’Italia o con l’autoproduzione (re-shoring) o con altri fornitori esteri geograficamente vicini (near-shoring). Solo il 2% tuttavia effettuerà con certezza tali processi. Più probabili sembrano invece strategie di diversificazione delle forniture (circa il 60% delle imprese sta pianificando un aumento del numero di fornitori) e una diversa gestione del magazzino (circa il 50% delle imprese prevede un aumento delle scorte di input produttivi, il 40% di semilavorati e prodotti finiti).
Alla luce di questa situazione – ha concluso Cascetta – l’Italia dovrebbe potenziare gli strumenti normativi per l’incentivazione di insediamenti industriali (es. ZES, ZLS) e dare sostegno alle agenzie pubbliche all’internazionalizzazione per la ricerca di nuovi fornitori.